sabato 12 gennaio 2013

Come ho costruito la mia casa di legno: articolo su architetturaecosostenibile

Come ho costruito la mia casa di legno: architettura sostenibile a km 12
costruire-casa-legno-libro-aQuanti di voi hanno realizzato la propria casa partendo da zero, usando solo il proprio ingegno e la forza delle proprie (e cocciutissime) idee? Quanti poi hanno seguito i principi dell’architettura sostenibile e della filiera corta, anzi, cortissima? Presumo davvero pochi. In ogni caso, se il vostro sogno è questo, sono pochi i libri oltre a “Come ho costruito la mia casa di legno di Samuele Giacometti, che possono esservi d’aiuto e farvi da guida pratica e oserei dire anche  morale, per il difficile ma gratificante percorso che vi attende.Se un domani a Sostasio, frazione del comune di Prato Carnico (Udine), le generazioni future potranno essere fiere dei loro predecessori è anche e soprattutto grazie a questo esempio brillante di architettura sostenibile in legno. Il progetto “Sa Di Legno”, recentemente presentato a Rio de Janeiro in occasione di Rio+20 è infatti un progetto nato per essere raccontato, ed è un racconto che entusiasma e cattura fin dalle prime pagine, impreziosite dalla prefazione di uno che di legno se ne intende, e che la Natura la vive ogni giorno: “L’umanità non dovrebbe mai allontanarsi dal bosco perché s’allontana da se stessa. Se non lo ha vicino dovrebbe almeno pensarlo”. Stiamo parlando di Mauro Corona, e scusate se è poco.

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Ma com’è stato possibile realizzare in soli 32 mesi una casa energeticamente efficiente e sostenibile, partendo da 43 alberi in un bosco e da un terreno edificabile ancora da acquistare? Com’è stato possibile ottenere non solo l’ambiziosa certificazione CasaClima Bpiù ma anche il primo certificato di progetto PEFC in Italia (il terzo nel mondo) e vincere poi il prestigioso CasaClima Award 2010 e la Bandiera Verde Legambiente, con un progetto interamente realizzato con risorse e manodopera locale compresi in un raggio di appena 12 km?
Parte della risposta credo la si possa trovare nella frase, significativa e opportunamente citata nel testo di Giacometti, di Antoine Marie-Roger de Saint-Exupéry: “Se vuoi costruire una nave non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro. Ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà risvegliata in loro questa sete si metteranno subito al lavoro per costruire la nave”.

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Il viaggio in cui si viene trascinati dall’autore, anche se non porta al mare, ma alla costruzione di una casa a telaio in legno massello, porta ugualmente al risveglio di un desiderio, un desiderio profondo che solo il legno sa risvegliare. Scoraggiato da molti a usare legno locale, persuaso dal mercato a comprare prodotti prefabbricati nei “supermercati del legno”, sconsigliato nel proseguire nella sua convinzione di lasciare il legno libero da vernici, impregnanti e trattamenti chimici, Samuele Giacometti, sorretto dalla propria forza d’animo e un ingegno fuori dal comune, ha vinto la sua sfida a punti pieni. La sfida era quella di riuscire a riscoprire quei materiali e saperi locali che rappresentano l’unica vera sinergia vincente per progettare, costruire e vivere in maniera sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, e se la sua vittoria (che poi è la vittoria di tutti) è avvenuta, lo si deve soprattutto alla sua capacità di “direttore d’orchestra” capace di intessere solidi rapporti umani oltre che professionali (ed è sempre questo l’ingrediente che fa la differenza).

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Dall’assegno al taglio degli alberi, avvenuto sotto l’attenta supervisione del dottore forestale, al riposo invernale dei tronchi di larice e abete rosso nel bosco, alla sramatura, sezionatura e scortecciatura dei tronchi, passando dal trasporto in segheria e alla stagionatura del legname fino all’assemblamento vero e proprio della casa, ogni fase è stata attentamente documentata e vagliata da un attento studio LCA realizzato dal Laboratorio LCA & Ecodesign dell’ENEA di Bologna. Ogni processo produttivo, ogni lavorazione, ogni trasporto sono stati considerati ai fini della massima tracciabilità e valutazione degli impatti ambientali, considerando anche scenari di fine vita e smaltimento/recupero, realizzando quindi il vero obiettivo della sostenibilità di un progetto, il quale è sempre migliorabile, ma non potrà mai esserlo se non se ne conoscono tutte le componenti in gioco e le ricadute passate, presenti e future, analizzate con scrupolo scientifico da enti terzi e indipendenti.

Se dunque cercate un esempio concreto di come sia possibile fare “sostenibilità” e “filiera corta” impiegando risorse materiali, professionali e artigianali locali, generando al contempo la valorizzazione e lo sviluppo dell’economia e delle risorse della propria comunità, sappiate che non serve volgere lo sguardo oltralpe, non stavolta

n.b.
articolo tratto da architetturaecosostenibile

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